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ALICE BERTOLINI
QUANDO IL SUCCESSO PREMIA IL TALENTO
Articolo tratto dalla rivista SUONARE novembre 2000
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È la storia di Mario Pilati, compositore napoletano degli anni Trenta, allievo di Ildebrando Pizzetti [errore diffuso: Pilati non è mai stato allievo di Pizzetti, n.d.C.], che oggi torna ad affascinare grazie a pazienti lavori d'archivio. Dopo oltre 50 anni di oblio, possiamo riascoltare (e applaudire) la sua «Sonata» per flauto e pianoforte e la «Suite» per orchestra d'archi
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«Gli volevo bene come a un giovanissimo fratello o come a un figliolo». Il 13 dicembre dei 1938, all'indomani della tragica scomparsa di Mario Pilati, Ildebrando Pizzetti ne ricorda commosso la figura umana e artistica. Oggi sono in pochi a conoscere il compositore napoletano, stroncato a 35 anni da quello che le cronache dell'epoca, con pudore d'altri tempi, definiscono 'male atroce'. Ma qualcosa si sta muovendo: con un'avventurosa ricerca d'archivio, nel '94 Mario Carbotta e Roberto Cognazzo restituiscono al pubblico la sua Sonata per flauto e pianoforte, che viene pubblicata a cura dell'Accademia Italiana del Flauto, inserita come pezzo d'obbligo al Concorso Syrinx Musica Riva ed eseguita dagli stessi Carbotta e Cognazzo in CD Nuova ERA. Altri segnali confermano un nuovo interesse per Pilati, a cominciare dall'esecuzione milanese, l'anno scorso, della Suite per pianoforte e orchestra d'archi con i Pomeriggi Musicali diretti da Aldo Ceccato.
Quella di Pilati è la storia di un talento precoce premiato dal successo. Nato a Napoli nel 1903, negli anni Venti studiò presso il Conservatorio della sua città. Un compagno di classe lo ricorda - l'immancabile spartito della «Fedra» di Pizzetti sottobraccio - stimato dai professori e invidiato da alcuni colleghi, che addirittura tentano di boicottare i saggi in cui vengono eseguiti i suoi lavori. Pilati, che aveva già iniziato a comporre da autodidatta, studia con passione Debussy, Ravel, De Falla, Bloch e Pizzetti. Scrive liriche, sonate, pezzi per orchestra e un oratorio. Ha soltanto 22 anni quando, dopo il successo della stia «Suite» presentata a Cagliari, Casa Ricordi assume la proprietà delle sue musiche. Ed è appena 27enne quando, nel '30, vince il concorso per la Cattedra di composizione al Conservatorio di Napoli. Nel giro di pochi anni riceve prestigiosi riconoscimenti, tra i quali il Premio Coolidge, che nelle edizioni precedenti era stato assegnato a Bloch e Malipiero. Il giovane compositore inizia a farsi strada anche nel circuito teatrale, a cominciare dal Festival di musica contemporanea di Venezia, dove nel 38 Dimitri Mitropulos dirige il suo «Concerto» in Do maggiore. Nella recensione pubblicata sul Corriere della Sera Franco Abbiati rileva il gradimento del pubblico e a proposito dei primi due movimenti commenta: «La sovrapposizione dei disegni è sapiente e marcata; la discorsività melodica e prevalentemente canora e contrappuntistica denota la volontà di non tralasciare nulla che abbiano insegnato le nostre buone tradizioni antiche e la più progredita tecnica moderna.
Stimato e richiesto sia come autore sia come insegnante - per qualche anno anche a Cagliari, Alessandria, Milano e al Conservatorio di Palermo - Pilati sembrava destinato a una solida carriera.
Coetaneo di Goffredo Petrassi, avrebbe potuto come il grande compositore romano attraversare da protagonista l'intenso secolo di musica che ci siamo appena lasciati alle spalle. I suoi lavori mostrano un linguaggio originale, aggiornato alle nuove tendenze europee (soprattutto Debussy, Ravel e Hindemith) e insieme ispirato alla grande tradizione partenopea. Gavazzeni, che fu allievo di Pilati, ne sintetizza lo stile nell'immagine del «barocco romantico», quel barocco meridionale, pieno di estri cantanti e di slanci». Ma il destino è crudele con Mario Pilati, che dopo aver sofferto una lunga e devastante malattia, muore, pianto dalla moglie e dalle figlie, ad appena 35 anni. E subito dopo la sua morte, iniziano gli anni terribili della guerra: le musiche di Pilati, insieme a molte altre, finiscono archiviate tra i ricordi di un'epoca che appare irrimediabilmente perduta.
È comunque difficile capire le ragioni di un oblio durato oltre cinquant'anni, soprattutto se si pensa ai giudizi lusinghieri espressi da alcuni protagonisti della vita musicale del secolo scorso.
Francesco Cilea, all'epoca direttore del Conservatorio di Napoli, definisce Pilati «vivido ingegno». E Pizzetti scrive: «Si considerava mio discepolo. Non era vero, ché proprio studiato con me non aveva, soltanto avevamo spessissimo insieme parlato e discusso di musica. Ma di quella sua dichiarazione mi sono sempre onorato».
Negli ultimi anni sono state riproposte al pubblico la «Sonata per flauto e pianoforte e la «Suite». Ma sarebbe interessante poter riascoltare anche «Preludio, Aria e Tarantella», presentato per la prima volta a Cagliari sotto la direzione di Antonino Votto e riproposto nel '40 alla Scala da Victor De Sabata. L'elenco dei titoli è lungo e vario, dalle «Bagatelle» per pianoforte ai «Madrigali», dalle «Liriche» su testi di Salvatore Giacomo sino all'ultimo lavoro incompiuto, «Piedigrotta», un'opera napoletana, tragicamente interrotta all'inizio del secondo atto dalla morte dell'autore. Non è sempre semplice trovare le partiture. Fortunatamente da anni le sta raccogliendo con devota determinazione la figlia Laura, che perse il padre quand'era ancora bambina. La sua casa di Losanna è diventata mi punto di riferimento per gli studiosi, ora che, finalmente, sembra arrivato il momento di riscoprire la figura artistica del musicista napoletano e di riappropriarci del passato prossimo della nostra storia musicale.
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