Ritratto di M.P.

PILATI A SESSANT’ANNI
DALLA PREMATURA SCOMPARSA

RITRATTO DEL COMPOSITORE NAPOLETANO

[RICORDI OGGI – GIUGNO e DICEMBRE 1997]

Non si può certo dire che Mario Pilati, il compositore napoletano di cui ricorrerà il prossimo anno il sessantesimo anniversario della morte, sia oggi un musicista conosciuto, ricordato e apprezzato al suo giusto valore.
Morto a soli 35 anni, nel 1938, alla vigilia del conflitto mondiale, in un periodo che vedrà tanti sconvolgimenti operarsi a seguito di un cosi tragico evento, egli è stato la vittima incolpevole di un’energica operazione di rinnovamento, in un dopoguerra deciso a far piazza pulita di tutto ciò che aveva caratterizzato l’epoca precedente.
Chi può affermare, oggi, di aver conosciuto Mario Pilati o di aver intrattenuto un rapporto familiare con la sua musica? Non resta più nessuno dei testimoni di quell’epoca, relegata dalla frattura cruenta aperta dalla guerra, in un passato che percepiamo ancora più remoto, dal nostro accidentato presente, di quanto siano gli anni in realtà trascorsi. Nè i suoi allievi più amati, a lui più affini per gusto, cultura, doti musicali e umane – Gianandrea Gavazzeni, Giacomo Saponaro, Orazio Fiume, per non citarne che alcuni – hanno potuto opporsi, operando per il loro maestro un’eccezione, all’ingiusto accantonamento di un epoca, ormai superata e in contrasto con i valori a fatica emergenti dalle travagliate vicende, musicali e non, del nostro ultimo dopoguerra.
Così le esecuzioni di Mario Pilati che, anche dopo la sua scomparsa continuavano ad avere luogo, in Italia e all’estero, regolarmente, sono andate via via diradandosi, fino a tacere del tutto. Oggi, però, sembra che qualcosa stia cambiando: l’ingiusto silenzio che pesava su lui e sulla sua musica comincia a dissiparsi e il lungo periodo di quarantena sta forse per finire. A prova, l’interesse manifestato da qualche tempo da interpreti giovani ed entusiasti, per questo compositore a torto dimenticato.
L’avvio a questa felice impresa è stato dato dalla riscoperta della Sonata per flauto e pianoforte, Premio Coolidge 1927, finalmente stampato, nella primavera del 1995, a cura dell’Accademia Italiana del Flauto. Dopo un letargo durato quasi settant’anni, questa «Sonata» riprende oggi una carriera cominciata a suo tempo sotto i migliori auspici, tenuta a battesimo nelle prime esecuzioni in Italia, a Roma e in seguito a Napoli, da interpreti d’eccezione, Alfredo Casella al pianoforte e Marcel Moyse al flauto.
Aveva cominciato a comporre d’istinto, giovanissimo, prima ancora di ricevere una qualsiasi formazione musicale. A 15 anni viene ammesso alla scuola di composizione nel Conservatorio di Napoli, sua città natale dove, sotto la sapiente guida di Antonio Savasta, che aveva intravisto le doti straordinarie del suo precocissimo allievo, in solo 4 anni consegue il diploma con il massimo dei voti e la lode. Da allora l’ascesa fu rapidissima, sempre primo e vincitore di tutti i concorsi a cattedra a cui si presentava e di tutti i premi ai quali concorreva. A 20 anni era a Cagliari, titolare della cattedra di Composizione in quel Liceo Musicale dove rimase finché, nel 1925, su suggerimento di Pizzetti, allora direttore del Conservatorio, Casa Ricordi lo volle a Milano¹. Gli venne affidata l’elaborazione e riduzione di opere di altri autori – ma doveva ben presto veder stampate dalla nostra casa editrice anche le sue – e compilazioni di volumi critici, mentre continuava l’insegnamento in forma privata, partecipando con profitto ed entusiasmo, attraverso la collaborazione a giornali e riviste musicali e letterarie, o in qualità di direttore d’orchestra, accompagnatore al pianoforte, maestro concertatore, alla vita culturale molto più intensa e brillante di questa città, pertanto difficile, che gli apriva le braccia. Fu questo un periodo di grande attività e creatività in cui vedono la luce alcuni dei suoi lavori più felici: «Sonata in fa», «Preludio, aria e tarantella» per violino e pianoforte, «Sonata in la» per violoncello e pianoforte valsero al giovane compositore una solida reputazione nell’ambito della musica da camera e riconoscimenti prestigiosi. Basterà citare per tutti il Premio Coolidge 1927, istituito dalla mecenate americana ai fini di proporre i compositori europei da lei premiati a modello delle giovani generazioni di musicisti statunitensi. Le esecuzioni di musiche di Pilati divennero così sempre più frequenti oltre oceano, affidate ad interpreti di grande valore: il flautista Barrère per la «Sonata», Koussevitsky per la «Suite» e, più tardi, Mitropoulos per il «Concerto in do maggiore» che aveva tenuto a battesimo per il Festival di Musica Contemporanea di Venezia, nel settembre 1938, a soli due mesi dalla morte dell’autore che doveva cogliervi, estrema consolazione, il suo ultimo successo!

Il periodo felice, infatti, doveva concludersi in breve tempo: lasciata Milano, nel 1930, per Napoli e poi Palermo, vincitore di concorsi a cattedra nei conservatori di quelle città, tornerà ancora a Napoli per insegnare composizione e per morirvi, vinto da una malattia che non gli darà tregua. Lasciava incompiuto, dopo aver già affrontato con successo la musica sinfonica, il lavoro di più gran mole, l’opera di ambiente e dialetto napoletano «Piedigrotta» – celebrazione di Napoli, regina incontestata della melodia attraverso i secoli – da cui si attendeva la definitiva consacrazione.
Il suo nome, che aveva tanto spesso rappresentato con successo nel mondo la giovane musica italiana nei più importanti Festival internazionali, continuava ad apparire nei concerti dei più prestigiosi solisti e direttori d’orchestra: Heifetz e von Vecsey eseguivano il suo «Preludio, aria e tarantella» che, nella versione per orchestra, era diretto in America da Mitropoulos e, in tournée europea oltre che alla Scala, da Victor de Sabata.
Ma tutto questo non è bastato: con l’incalzare degli anni più tristi della guerra e con tutto quello che è venuto in seguito, la memoria di Mario Pilati doveva restare viva solo per coloro che l’hanno conosciuto ed amato e che ne hanno coltivato, quasi esclusivamente in privato, l’affettuoso ricordo. Possiamo abbandonarci alla speranza che questo periodo di residenza forzata nel limbo della memoria stia per prendere fine?
¹Quest’articolo, redatto nel 1997 quando le notizie relative alla vita e all’attività del compositore erano ancora scarse, contiene un’inesattezza. Alla luce dei documenti ritrovati più tardi, Pilati decise di sua iniziativa di abbandonare l’insegnamento ufficiale a Cagliari, per trasferirsi a Milano, città culturalmente più viva e ricca di occasioni. L’incontro con Pizzetti, favorito da Casa Ricordi che presentò il giovane musicista, avvenne nel 1927 quando il Maestro decise di affidargli la riduzione per canto e pianoforte e l’analisi del “Fra Gherardo” che sarebbe andato in scena l’anno successivo, al Teatro alla Scala, con la direzione di Arturo Toscanini.